Sentenza 44148/2023 Corte Cassazione
È risaputo che, per svolgere l’attività di avvocato, bisogna seguire per anni un impegnativo corso universitario, svolgere una appropriata pratica forense e sottoporsi agli esami di abilitazione, che spesso sono uno scoglio di indubbia difficoltà.
Ma c’è anche chi ha trovato una brillante scorciatoia di percorso, come la “fantasiosa collega”, di cui si è interessata questa pronuncia della Cassazione, che altro non ha fatto se non un autodichiarazione in sede di rilascio della carta d’identità, attestando di essere in possesso del titolo professionale che invece non aveva mai conseguito.
Il tutto si è concluso con 7 mesi di reclusione ed €11.000 di multa per aver attuato attivita forense illegittima, tra il 2018 e il 2021.
Il ricorso per Cassazione, ci auguriamo predisposto da un avvocato vero, tendeva a disconoscere la condanna per la non sussistenza del reato ex articolo 348 codice penale, in quanto non esisteva nessuna ufficializzazione di mandati “ad lites”, da parte delle persone offese.
Per la Suprema Corte è stato, invece, sufficiente accertare la condotta tipica di chi svolge tale professione, avvalorata dall’esibizione della carta d’identità, che ne attestava una “inesistente” qualifica.
Svolti, di fatto, comportamenti tipici del difensore, con partecipazione a trattative con i legali di controparte e formazione di consulenze professionali.