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L’ERMENEUTICA CREA QUALCHE DIFFICOLTÀ NELL’INDIVIDUARE A CHI SPETTI IL DIRITTO DI QUERELA

Sentenza 43062/2023 Corte Cassazione

Ben sappiamo che, l’interpretazione letterale del testo, può creare qualche confusione operativa, in riferimento alle norme giuridiche.
In questo caso, la Suprema Corte ha fatto chiarezza, anche se con qualche eccezione, su quale sia la persona “offesa” dal reato, e quale semplicemente “danneggiata”.

Ai sensi dell’art.120 Codice Penale, solo all’offeso compete la titolarità di sporgere querela, in quanto soggetto che subisce la lesione, essenza del reato stesso: l’azione è negata al danneggiato, che subisce solo le conseguenze privatistiche dell’illecito penale.
Per tale motivo, quest’ultimo, è legittimato solo ad esercitare l’azione civile nell’ambito del processo.

Ma un’eccezione esiste, ed è riferita al reato di truffa, per cui è ritenuta legittima la querela, presentata sia da parte della vittima dei raggiri, che da parte di chi abbia patito il reale danno patrimoniale: di fatto le due figure possono coesistere e la truffa, effettuata sull’una, può avere ripercussioni patrimoniali sull’altra. Ciò, invece, non avviene per l’appropriazione indebita, in cui il soggetto soccombente è unico, in quanto il reato si conclude con l’apprensione illegittima del bene.