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L’eterna disputa tra vedute e luci

Ordinanza 7132/2023 Corte di Cassazione

Il problema è annoso e forse irrisolvibile, nella misura in cui, tra confinanti, non corra proprio “buon sangue” ed i rapporti tra di loro siano impostati su una “belligeranza più o meno armata”. Ennesima pronuncia, presa qui in considerazione, da parte della Corte di Cassazione, impegnata nell’impari lotta di creare un più rilassato approccio al problema, dando regole quanto più capillari ed esaustive possibile.
Il ricorso prende il via da una presunta errata applicazione degli articoli 900/901 e115 del Codice Civile, nella misura in cui erano state interpretate come semplici luci delle aperture che in realtà, secondo il giudizio dell’opponente, avevano caratteristiche di vere e proprie vedute, consentendo una “prospectio” sul fondo limitrofo. Detto ricorso non ha incontrato i favori della Corte, che non ha riconosciuto la possibilità di affaccio frontale, obliquo e laterale, per la presenza di grate, poste sulle aperture stesse.
Il giudice di merito, quindi, è facultato ad accertare le caratteristiche oggettive delle aperture, non essendo rilevante la finalità per cui sono state attuate. In questo caso, la non facile possibilità di osservazione, configura la fattispecie di semplice “luce e non di veduta”, con la conseguenza che il vicino non può chiederne la chiusura, ma la semplice regolamentazione.