Sentenza 45153/2023 Corte Cassazione (Approfondimento tecnico-legale)
L’art.314 Codice Procedura Penale, prevede che: “chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato, ha diritto ad una equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non abbia contribuito al darvi corso, per dolo o colpa grave”.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con giurisprudenza costante, hanno precisato più volte che, in conseguenza, sia idonea ad escludere l’indennizzo non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento, (in conflitto con le disposizioni di legge), ma anche la condotta volontaria, consapevole dei risvolti che produce.
Ciò, rispondendo anche al solo parametro del “id quod plerumque accidit”, ovvero secondo regole di comune esperienza, che evidenzino una situazione di allarme sociale, tale da giustificare l’intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della comunità (Sez. Unite 43/1995).
Il fatto che, con l’osservazione di questa sentenza approfondiamo, tra origine dal comportamento del ricorrente, che aveva ritenuto opportuno manifestare la propria approvazione morale alle esternazioni radicali di un amico, miliziano in Siria, apponendo un “like” sul social dello stesso.
Tale gesto aveva rafforzato il convincimento degli inquirenti, sul collegamento dell’indagato con soggetti militarmente impegnati a favore del cosiddetto Stato Islamico, con conseguente collegamento ad una rete associativa transnazionale con fini terroristici (ex art.270 bis Codice Penale).
Altre pronunzie della Suprema Corte hanno precisato che il giudice, nell’accertamento della condizione permissiva al diritto della “equa riparazione per ingiusta detenzione”, deve valutare la condotta tenuta dall’imputato sia anteriormente che successivamente all’applicazione della misura cautelare e quindi, alla conoscenza di un procedimento a suo carico (Sez.Unite 32383/2010).
In buona sostanza, il giudizio di riparazione è completamente autonomo rispetto al giudizio penale di cognizione, agendo entrambi su piani di indagine diversi, che possono condurre a conclusioni differenti, seppur sulla base di un medesimo materiale probatorio acquisito
(Cassazione 12228/2010).
In conseguenza di tali valutazioni in linea generale teorica, nello specifico è stato riconosciuto come, nella condotta del ricorrente, fossero stati attuati eventi caratterizzati da colpa grave, ostativi al riconoscimento della chiesta riparazione.
Di fatto, in questa fase processuale, il giudice può prendere in considerazione ogni tipo di comportamento, anche penalmente irrilevante, come l’apposizione di un semplice “like”, per formare un proprio definitivo convincimento.