Sentenza 46064/2023 Cassazione
La Suprema Corte ha da tempo affermato che, “ai fini del riconoscimento dell’esimente dello stato di necessità, nel concetto di danno grave alla persona, secondo la formulazione dell’art. 54 cod. pen., rientrano anche situazioni che pongono in pericolo solo indirettamente l’integrità fisica, in quanto attentano alla sfera dei beni primari collegati alla personalità, tra i quali deve essere ricompresa anche l’esigenza di un alloggio, che è uno dei bisogni primari della persona“.
Tale interpretazione amplia il concetto di danno grave alla persona, anche ai diritti inviolabili, ma impone una attenta e indagine giudiziaria, che circoscriva l’esimente ai soli casi in cui siano presenti i requisiti della necessità e dell’inevitabilità del pericolo, tenuto conto delle esigenze di tutela dei diritti dei terzi.
Ai fini del riconoscimento di una causa di giustificazione, l’imputato è gravato da un mero onere di allegazione, essendo tenuto a fornire le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti idonei, ove riscontrati, a configurare in concreto la causa di giustificazione invocata: mentre incombe sulla pubblica accusa l’onere della “prova negativa”, con la conseguenza che, nel dubbio sull’esistenza dell’esimente, il giudice deve giungere a una pronuncia di assoluzione perché il fatto non costituisce reato, ex art. 530, comma 3, cod. proc. pen. (cfr.Cass.35024/2020).
La Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva escluso la causa di giustificazione dello stato di necessità, nonostante le imputate avessero compiutamente allegato una situazione di estremo disagio, pur se nessuna prova era stata fornita in ordine all’assoluta impossibilità di potere dimorare temporaneamente presso parenti o amici.
Tale indirizzo risulta in linea con la giurisprudenza costante, per cui lo stato di necessità può essere invocato solo per un pericolo “attuale e transitorio“, e non per situazioni di pericolo non contingenti, ma permanenti.