Il Tribunale di Milano con sentenza pubblicata il 16 marzo, ha sancito che, in piena emergenza Covid-19, non scatta alcun reato in caso di falsa dichiarazione nell’autocertificazione in quanto, l’ obbligo di riferire la verità non è previsto da alcuna norma di legge e, anche se ci fosse, sarebbe “in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo”, previsto dalla Costituzione.
Per il giudice “è evidente come non sussista alcun obbligo giuridico, per il privato che si trovi sottoposto a controllo nelle circostanze indicate, di ‘dire la verità’ sui fatti oggetto dell’autodichiarazione sottoscritta, proprio perché non è rinvenibile nel sistema una norma giuridica” sul punto. Il soggetto viene imputato per “Falsità ideologica commessa in atto pubblico” in relazione al DPR 445/2000, in quanto, fermato da due agenti, aveva dichiarato falsamente in sede di autocertificazione Covid di lavorare a Milano e di dover fare rientro al proprio domicilio, circostanza che però si è rivelata falsa. Al decreto penale di condanna irrogato dal Gip di Milano ricorre il difensore dell’imputato.
Le false dichiarazioni del privato integrano il reato ex articolo 483 Cp quando sono destinate a provare la verità dei fatti cui si riferiscono oltre che a essere trasfuse in un atto pubblico: ad esempio, scatta il falso ideologico quando si mente nella dichiarazione per ottenere la casa popolare; nel caso in esame, invece, è escluso dall’articolo 46 dpr 445/00 un generale obbligo di veridicità nelle attestazioni del cittadino. Pertanto, l’ obbligo di dire la verità non è imposto da alcuna legge in quanto, sarebbe in contrasto con il diritto di difesa contemplato dall’art. 24 della Costituzione.