Sentenza 47172/2023 Corte Cassazione
(Approfondimento giuridico)
Sicuramente questa deve essere stata la prima reazione dell’imputato che, seppur detenuto in regime carcerario, si è visto contestato l’ulteriore gravame, per non avere eletto domicilio, al fine della notifica del decreto di citazione al giudizio di appello.
Dobbiamo subito precisare, per amor di giustizia, che la Suprema Corte ha ribadito, senza ombra di dubbio, che la nuova disciplina del comma 1-ter dell’art.581 c.p.p., introdotto dal d.leg. 150/2022 (riforma Cartabia), non si applica nei confronti di imputato detenuto.
La Corte territoriale aveva dichiarato inammissibile il gravame proposto dall’imputato avverso la sentenza di primo grado, che l’aveva visto soccombente e condannato, proprio perché non aveva proceduto alla elezione di domicilio, come specificata.
La Cassazione, di fatto, ha rilevato che detta elezione è richiesta per le impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate, dopo l’entrata in vigore della riforma Cartabia, ai sensi dell’art.581 c.p.p. e risulterebbe applicabile anche nei confronti di imputati detenuti in carcere: su tale argomentazione la Corte si era già pronunciata con le sentenze 38442/2023 e 33355/2023.
Dalle pronunce indicate scaturiva che, tale nuova disciplina normativa, non è condivisibile in detti casi specifici, per insuperabili ragioni sistematiche.
Di fatto, l’art.157-ter c.p.p. (riguardante le notificazioni degli atti introduttivi dei giudizi per imputati non detenuti), specifica che “la notificazione degli atti suddetti deve sempre essere eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ai sensi dell’art.581 c.p.p.”
Se tale disposizione avesse la natura di “lex specialis” universalmente applicabile, le ulteriori risulterebbero inutili e prive di portata percettiva, cosa che non può essere decodificata da chi interpreta la legge.
“Ad abundantiam”, proprio l’interprete deve prendere atto della circostanza che, detta disposizione invece, non è stata riproposta anche in riferimento alle notificazioni verso imputato detenuto, in quanto lo specifico art.156 c.p.p. non è stato analogamente novellato: ciò autorizza a non ritenere obbligatorio notificare gli atti al detenuto, presso un domicilio dichiarato o eletto.
L’art.156 c.p.p. infatti, prescrive che “le notificazioni, anche successive alla prima, vanno eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di copia ad personam”: disposizione quindi di portata generale ed inderogabile.
Ritenuta in conseguenza condivisibile l’interpretazione, ed annullata l’ordinanza che aveva dichiarato l’inammissibilità dell’appello, proposto dall’imputato detenuto.