Sentenza 10692/2024 Corte Cassazione
Può configurarsi la violenza sessuale consumata (art. 609 bis c.p.) anche per via telematica, “quando il reo, utilizzando strumenti per la comunicazione a distanza quali il telefono, la video-chiamata, la chat, costringe la persona offesa a compiere atti sessuali pur se questi non comportino alcun contatto fisico con l’agente“.
La Suprema Corte premette che la giurisprudenza elaborata in relazione all’analogo delitto di cui all’articolo 609-quater c.p. rileva quali atti sessuali, non solo quelli con costrizione praticati dall’agente a terzi, ma pure laddove la persona offesa sia stata costretta a praticarli su sé medesima, non essendo necessario il contatto fisico fra l’agente e la vittima (cfr. Cass.25822/2013).
Quindi il reato non è necessariamente caratterizzato dal contatto fisico, sussistendo anche quando l’autore del delitto trova soddisfacimento sessuale dal fatto di assistere alla esecuzione di atti sessuali da parte della vittima, anche mediante una comunicazione telematica, attraverso cui, come nel caso di specie, il reo induce le vittime minorenni a compiere su se stesse atti sessuali di autoerotismo (cfr. Cass.26809/2023).
Non può, quindi, negarsi la configurabilità della realizzazione del reato contestato anche per via telematica, quando il reo, utilizzando strumenti per la comunicazione a distanza quali il telefono, la videochiamata, la chat, costringe la persona offesa a compiere atti sessuali, pur se questi non comportino alcun contatto fisico con l’agente.
L’unico dubbio legittimo, è sulla valenza del termine “costringe“!