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MA È UN RICORSO IN CASSAZIONE O LA DIVINA COMMEDIA?

Sentenza 2136/2024 Cassazione Penale

La Suprema Corte ha confermato la valutazione del collegio di legittimità, dichiarando inammissibile un ricorso sviluppato in complessive “515 pagine ed articolato in 20 motivi“, che alternavano parti espositive di doglianza con atti del giudizio di merito, parziali ripetizioni dei motivi di appello ed allegati documentali, poco rispondente alla tipologia di un rituale ricorso per cassazione.

A queste primo sviluppo si aggiungeva l’articolazione di “10 motivi aggiunti“, con medesime caratteristiche, mediante deposito di memorie difensive ed ulteriori allegati.

La Corte ha osservato che “non è questione di consistenza materiale del ricorso, quanto piuttosto dell’esigenza di un ordinato inquadramento delle ragioni di censura nella griglia dei vizi di legittimità, attraverso l’individuazione, quanto più sintetica possibile, delle specifiche ragioni che ne abilitino la proposizione. Un’impugnazione così concepita e strutturata, proprio perché rende assai arduo il controllo di legittimità, si candida già di per sé all’inammissibilità, proprio per genericità di formulazione, laddove per genericità deve intendersi non solo a specificità delle doglianze, ma anche tenore confuso e scarsamente perspicuo, che renda particolarmente disagevole la lettura” (cft.Cass.32143/2013).

In buona sostanza è inammissibile un ricorso per cassazione che si sviluppi mediante un’esposizione disordinata, generica e prolissa, che non consenta un ordinato inquadramento delle ragioni di doglianza dei vizi di legittimità deducibili ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen.