Sentenza 822/2024 Cassazione Penale
La Suprema Corte ricorda che “non integra il delitto di maltrattamenti in famiglia la consumazione di episodici atti lesivi di diritti fondamentali della persona, non inquadrabili in una cornice unitaria caratterizzata dall’imposizione ai soggetti passivi di un regime di vita oggettivamente vessatorio” (cfr.Cass. 45037/2010).
Quindi, la presenza di semplici fatti che ledono l’incolumità personale, la libertà o l’onore di una persona della famiglia, non configurano la fattispecie del reato, essendo necessaria una più ampia condotta abituale, mortificante e insostenibile.
In mancanza, i fatti episodici che possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare, non integrano il delitto di maltrattamenti, pur conservando la propria autonomia di reati contro la persona.
La nozione di reiterazione dei comportamenti maltrattanti non è di facile soluzione, perché scissa da parametri di giudizio oggettivo: ma quanto più sono numerosi e ravvicinati nel tempo, tanto maggiore sarà l’incidenza sulla serenità dei conviventi.
Non è sufficiente, dunque, limitarsi a valutare il dato costituito dal numero degli episodi e dalla loro frequenza, dovendo valutare tale condotta in relazione all’effetto che produce sulla vittima del reato.
In buona sostanza, la caratteristica dei maltrattamenti in famiglia risiede nel condizionamento della quotidianità, rendendo sostanzialmente improntati i rapporti ad una abituale azione vessatoria nei confronti di uno o più membri della famiglia, da parte dell’autore del reato.