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MA QUALE FURTO: E’ STATO SOLO UNO SCHERZO!

Sentenza 41570/2023 Sez. Unite Cassazione
(Approfondimento giuridico)

Già in altra occasione ci siamo interessati al quesito, se rientrasse nella fattispecie del furto, anche la sottrazione di un bene, non legata ad un profitto di natura esclusivamente patrimoniale.

Il dubbio mantiene viva la contesa tra due principali correnti di pensiero giuridico ed, ancora una volta, è stato necessario l’intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, per indicare un percorso interpretativo.

La domanda specifica, posta dalla 5′ Sezione Penale, sollecitava una risposta in riferimento a, “se il fine del profitto nel reato di furto, caratterizzante il dolo specifico dello stesso, sia circoscritto alla volontà di trarre dalla sottrazione del bene un’utilità esclusivamente patrimoniale, ovvero possa consistere in un fine di natura diversa”.
La scelta delle Sezioni Unite ha dovuto confrontarsi con due orientamenti discordanti.

Il primo, di valenza maggioritaria, ritiene che l’utilità patrimoniale non debba essere considerata il fine unico del reato, che può trarre origini anche da pulsioni di dispetto, ritorsione o vendetta. Seguendo questa ipotesi, rientrererebbero nel novero delle cause di punibilità anche la sottrazione di un bene, con l’intenzione di distruggerlo, o quello attuato nell’interesse stesso della vittima (come togliere delle bevande ad un alcolizzato), oppure il furto di cose prive di valore commerciale o attuato solo per ragioni emulative.

Il secondo orientamento, più recente ma minoritario da un punto di vista giurisprudenziale, esclude drasticamente che si possa parlare di furto, in assenza di motivazioni strettamente patrimoniali.
Il dolo specifico, quindi, è considerato in modo restrittivo, ipotizzando l’utilizzo del bene sottratto, solo sotto il profilo di economie, tese a soddisfare un bisogno materiale o spirituale.

In maniera “dirompente” le Sezioni Unite hanno sancito che, il dolo specifico nel reato, è determinato da “qualunque vantaggio anche di natura non patrimoniale”.

Molti commentatori definiscono “azzardata” tale interpretazione, che caratterizzerebbe una violazione dei principi di tipicità del diritto penale, facendo rientrare nello stesso azioni poste in essere solo per fini ludici o scherzosi.
In buona sostanza, anche una burla tra giovanissimi, consumata nel far sparire un oggetto, potrebbe configurare il reato di furto, in quanto sorretta dal fine di soddisfare il “bisogno psichico del divertimento”.
Appare eccessivo far rientrare nella sfera di attuazione dell’art.624 del Codice Penale, azioni goliardiche e senza scopo di lucro.

In tal caso, il film “Amici miei”, narrerebbe la storia di una associazione per delinquere!