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MAFIE DELOCALIZZATE A DENOMINAZIONE DI ORIGINE PROTETTA!

Sentenza 17511/2024 Cassazione Penale

Il ricorrente ha contestato i connotati “ndranghetisti” dell’associazione creata in Trentino, in quanto sarebbe stato necessario dimostrare che tale struttura avesse “speso” la fama criminale ereditata dalla casa madre calabrese.

La sentenza impugnata non ha esaminato tale aspetto, e prima ancora quello della qualificazione dell’insediamento in Trentino come “mafia storica“, mancando la prova della partecipazione al clan calabrese: facendo, in tal modo, cadere il riferimento all’imputato come “elemento di collegamento” fra i due gruppi.

La questione giuridica è stata risolta dalla Suprema Corte nel senso che la “concreta”, e non solo potenziale, capacità di intimidazione del sodalizio di stampo mafioso, costituisce requisito intrinseco ed ineliminabile per inquadrare un fatto associativo ai sensi dell’art. 416-bis, cod. pen.: cosicché, la differente valutazione, va ricondotta alle distinte forme con cui l’esperienza giudiziaria ha evidenziato il manifestarsi del citato fenomeno della delocalizzazione mafiosa.

In buona sostanza, qualora il nuovo aggregato si caratterizzi come un fatto autonomo ed originale, pur proponendosi di imitare le mafie “storiche”, dovrà essere necessariamente acquisita, ex novo, la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie prevista dall’art. 416-bis, cod. pen. e, quindi, anche della capacità d’intimidazione propria del metodo mafioso.

Per contro, ove si sia in presenza dell’articolazione periferica di una mafia tradizionale, “in stretto rapporto di dipendenza o, comunque, in collegamento funzionale con la casa madre“, sarà sufficiente la dimostrazione di elementi significativi del collegamento, funzionale ed organico, perché l’organismo delocalizzato sia catalogato come proiezione dell’associazione base, conosciuta per la forza criminale di cui è portatrice.