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MEDICI, PARAMEDICI ED OPERATORI SANITARI: CHI SI PRENDE CURA DI LORO?

Sentenza 4244/2024 Corte Cassazione

La sentenza che commentiamo ha stabilito che “ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61, comma 1 cod. pen. non è necessario che la condotta del soggetto agente sia determinata da motivi attinenti all’esercizio dell’attività professionale del sanitario o presupponga un rapporto tra quest’ultimo e il paziente, essendo sufficiente che l’aggressione violenta o minacciosa sia realizzata contestualmente all’esercizio in atto dell’anzidetta attività“.

Tale fattispecie è stata introdotta dalla L.113/2020 – intitolata «Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni».

La nuova circostanza aggravante ha riguardo a tre categorie di persone:
gli esercenti le professioni sanitarie, gli esercenti le professioni socio-sanitarie e chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento delle dette professioni.

La circostanza aggravante contempla poi due presupposti oggettivi di applicazione: dover essere il reato un delitto e non una contravvenzione, commesso con violenza o minaccia; e dover essere il reato commesso ai danni di una delle suddette categorie ,causa o nell’esercizio delle menzionate professioni sanitarie, socio-sanitarie o ausiliarie.

La ratio della più energica tutela penale apprestata dall’aggravante si deve ritenere risiedere nello scopo di impedire vendette o reazioni minacciose o violente, cui possa avere dato luogo lo svolgimento dell’incarico svolto da sanitario, oppure nello scopo di garantire la sicurezza dell’esercizio nel momento in cui esso si trova in fase di svolgimento.

Non è quindi necessario, ai fini della sussistenza della circostanza aggravante, che l’aggressione sia determinata da motivi che attengono all’esercizio della suddetta attività.

Anche in questo secondo caso, la più energica tutela penale apprestata dall’aggravante non deriva unicamente e di per sé da una maggior tutela soggettiva di chi rivesta una determinata qualifica professionale ma dal collegamento della condotta di reato con l’esercizio in atto della correlativa attività professionale.