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MI DIFENDO ACCUSANDO UN INNOCENTE! E’ O NON E’ UNA CALUNNIA?

Sentenza 48749/2023 Corte Cassazione

La configurabilità della calunnia come scriminante in relazione al diritto alla difesa, ha generato dibattiti e sentenze contrastanti nell’ambito giuridico, con particolare riferimento all’art.51c.p.

Mentre alcuni giuristi sostengono che la difesa abbia il diritto di utilizzare la calunnia scriminante come strumento legittimo per proteggere il proprio assistito, altre correnti giuridiche pongono l’accento sul rischio di falsare il corretto svolgimento del processo.

Questo l’argomento trattato nella sentenza in oggetto, che lascia aperte interpretazioni non univoche.

Il ricorso alla calunnia scriminante presuppone l’accusa di una persona innocente al fine di escludere o attenuare una responsabilità penale.

Tuttavia, tale pratica solleva interrogativi etici e giuridici fondamentali, portando a pronunciamenti divergenti da parte delle varie sezioni della Corte di Cassazione.

In diverse sentenze è stato riconosciuto il diritto alla difesa come principio cardine del processo penale, ma è stata anche sottolineata la necessità di evitare l’abuso della calunnia scriminante: la giurisprudenza ha cercato di delineare criteri rigorosi per valutare la legittimità di tale comportamento.

Ad esempio, è stata posta particolare attenzione sulla verifica della fondatezza delle accuse mosse e sulla sussistenza di gravi motivi per il ricorso a tale strategia difensiva.

Da un lato questa interpretazione della calunnia scriminante, come strumento lecito della difesa, mira a garantire un inalienabile diritto del reo, a mettere in atto qualunque tipo di autodifesa.

Dall’altro, sorge la preoccupazione che l’impiego indiscriminato di tali argomentazioni, possa ledere l’integrità del sistema giudiziario, permettendo a un imputato di eludere le proprie responsabilità a scapito di un terzo innocente.

In conclusione, la complessità della questione e le sentenze contrastanti evidenziano la necessità di un approfondimento normativo e giurisprudenziale.

Trovare un equilibrio tra il diritto alla difesa e la tutela della verità processuale rimane un dovere dell’organo giudiziario, e sarà essenziale un continuo confronto tra le diverse prospettive, per giungere a un quadro normativo chiaro ed equo.