Sentenza 17488/2024 Corte Cassazione
Il Tribunale di Sorveglianza aveva negato l’affidamento ai servizi sociali del condannato, con la opinabile motivazione che il beneficio non era concedibile, “in considerazione dell’epoca recente del reato e dell’ancora più recente avvio dì uno stile di vita regolare, fondato sulla convivenza stabile con la moglie e con il figlio in tenera età e sulla manifestazione della volontà di dedicarsi ad un’attività lavorativa lecita”.
Ciò in dispregio al dettato di cui all’art. 27 della Costituzione, riferito ai soggetti che, per qualsiasi ragione, si trovino sottoposti all’esecuzione di condanne per reati commessi in epoca vicina al fatto.
La Suprema Corte ha stigmatizzato che la concessione delle misure alternative alla detenzione è affidata alla “valutazione discrezionale della magistratura di sorveglianza”, che deve verificare la meritevolezza del condannato in relazione al beneficio richiesto e l’idoneità di quest’ultimo ad un reinserimento sociale.
(cfr. Cass.871/2012).
Deve essere studiata la personalità e lo stile di vita del condannato, ai fini della decisione in merito alle istanze rieducative, secondo la gradualità che governa l’ammissione ai benefici penitenziari (cfr.Cass. 23343/2017).
Ai fini del rigetto dell’affidamento in prova ai servizi sociali, il giudice deve indicare i fattori che suggeriscono di procedere con una misura meno liberatoria, quale la detenzione domiciliare.
Nel caso specifico, il Tribunale di Sorveglianza non aveva indicato i fattori di rischio che potessero suggerire cautela nella concessione del beneficio, se non la mera vicinanza dell’esecuzione penale al reato commesso, irragionevolmente valorizzata in chiave reiettiva dell’istanza, senza considerare la personalità del soggetto.