Lo ha stabilito la quinta sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 24818/21, depositata il 24 giugno. Nel caso di specie il giornalista in questione aveva pubblicato un articolo in cui denunciava favoritismi nella gestione degli appalti pubblici, e perciò era stato accusato di diffamazione da colui che risultava essere il responsabile di tali favoritismi a detta del giornalista. La Corte d’Appello però assolveva lo stesso dal reato di diffamazione e sosteneva che nulla poteva essere imputato al giornalista dal momento che, innanzitutto sussiste l’esimente del diritto di cronaca giornalistica ed inoltre lo stesso prima della pubblicazione aveva controllato le fonti e la veridicità delle stesse. Anche i Supremi Giudici hanno confermato tale decisione chiarendo che il giornalista si era avvalso dello scritto anonimo perché le informazioni “lasciavano ragionevolmente ritenere la probabile fondatezza di quanto riportato o perlomeno la parvenza di veridicità riguardo ai favoritismi descritti”, inoltre il professionista, aveva abbondantemente verificato la «plausibile veridicità» delle notizie riportate nell’articolo e le ha pubblicate «ritenendone in buona fede l’autenticità». Non vi era dunque alcuna volontà di fare scoop da parte del giornalista, anzi lo stesso pur avendo lo scritto anonimo da tempo aveva deciso di non renderlo pubblico immediatamente ma solo dopo essersi confrontato con chi di dovere sull’opportunità della divulgazione dello stesso.