Sentenza 1436/2024 Corte Cassazione
Classico esempio di “contraddizione in termini“!
La Corte di appello aveva rigettato la domanda di revoca della subordinazione della sospensione condizionale della pena, avanzata dall’imputato, all’esito del pagamento della somma di €10.000, ritenendo che il giudice della cognizione non sia tenuto a svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dello stesso.
Anche seguendo l’orientamento della Corte Cost. (sent. 49/1975), si è sancito che il giudice che intenda subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo risarcitorio, sia tenuto a valutare le reali condizioni economiche del condannato, al fine di verificare se lo stesso sia concretamente in grado di effettuare il pagamento entro il termine prefissato, atteso che la subordinazione del beneficio ad una condizione inesigibile contrasta con il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 e con la funzione rieducativa della pena di cui all’art. 27 della Costituzione.
È stato, altresì, osservato che è onere dell’imputato fornire al giudice le prove da cui emergano elementi specifici e concreti che consentano di valutare la capacità di soddisfare la condizione imposta, con la conseguenza che non è sufficiente che l’imputato si limiti a lamentare genericamente le sue difficoltà economiche per mancanza di reddito.
La condizione economica deve essere quindi valutata, con l’obiettivo di salvaguardare il principio di eguaglianza in materia penale, che sarebbe violato qualora la sospensione condizionale della pena fosse indiscriminatamente subordinata al pagamento di una somma di denaro, senza previamente valutare se il condannato sia in condizione di ottemperarvi.
Per tali ragioni, la condizione reddituale dell’imputato, a cui è stato riconosciuto il diritto alla difesa a spese dello Stato, indica di per se una precedente valutazione, che risulta esaustiva anche per il prosieguo del processo.