Sentenza 2402/2025 Cassazione Penale
Ai fini della valutazione del rispetto dei limiti di reddito, previsti dall’art. 76 del Testo Unico sulle Spese di Giustizia, “assumono eventuale rilevanza anche i redditi provenienti da attività illecite, la cui sussistenza può essere accertata mediante l’utilizzo di presunzioni semplici e quindi, comunque, munite, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., degli attributi di gravità, precisione e concordanza“.
Tali presunzioni, però, devono essere fondate su concreti elementi di fatto, idonei a dimostrare il superamento di detto limite, ed il giudice ha obbligo di dare conto, nella motivazione, della sua decisione di rigetto.
Se ne desume che, la sussistenza del dato positivo del superamento del limite, non può essere dedotta sulla sola base dei precedenti penali del richiedente (cfr.Cass. 53387/2016 44900/2018), né sulla base di condanne non ancora definitive.
Di fatto, tale norma rimette alla “prudenza” del giudice il compito di risalire da un fatto noto ad un fatto ignorato, con l’obbligo di argomentare il percorso logico seguito.
Il fatto ignoto, al quale il giudizio presuntivo deve condurre, è il superamento di una soglia reddituale, predeterminata in termini monetari dal legislatore.
Risulta, quindi, reprensibile l’intero percorso logico argomentativo seguito dal giudice di merito per giungere, secondo il suo prudente apprezzamento, all’accertamento del predetto superamento del limite reddituale (fatto ignorato), solo sulla base dei precedenti penali.
Nel caso in esame, quindi, la motivazione del giudice dell’opposizione non ha adeguatamente indicato gli elementi presuntivi dai quali dedurre la sussistenza dell’effettivo tenore di vita del richiedente ed il superamento del limite concesso.