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OFFESE ONLINE: NON E’ SEMPRE “LA STESSA STORIA”

Sentenza 409/2024 Corte di Cassazione (Approfondimento legale)

Tra le prime sentenze del 2024, la Cassazione si è pronunciata in riferimento alla sottile ma basilare differenza sulle fattispecie di reato, che si configurano al momento che si proferiscono delle offese via chat, all’indirizzo di altra persona!

Il nodo da dirimere è quello di accertarsi se, al momento del “fattaccio”, l’offeso sia presente o meno nella discussione online: ciò comporta una differente connotazione, tra “ingiuria aggravata” e “diffamazione”.

In dottrina, la differenza tra ingiuria aggravata e diffamazione è sottolineata dalla natura delle offese.

L’ingiuria consiste in espressioni offensive dirette a ledere l’onore o la reputazione di una persona, mentre la diffamazione implica la divulgazione di notizie false lesive della reputazione altrui.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana ha affrontato diverse questioni legate a questi reati online tuttavia, quest’ultima sentenza ha dato una svolta normativa, anche in riferimento alla presenza, o meno, dell’offeso sui social.

In generale, la Cassazione ha sottolineato l’importanza di considerare il contesto e la gravità delle affermazioni per stabilire se si tratti di ingiuria aggravata o diffamazione ma, la valutazione delle circostanze specifiche è cruciale nella decisione di merito.

Di fatto, secondo la Suprema Corte, infierire verbalmente su un soggetto presente in chat, configura il reato di ingiuria mentre, sparlare di un assente, costituisce diffamazione, seguendo anche le linee generali delle due categorie di illecito!

L’ingiuria è punita con la reclusione fino a 6 mesi ed una multa fino ad € 500, mentre la diffamazione, ex art.595 c.p. prevede pene raddoppiate.