Sentenza 109/2024 Consiglio Nazionale Forense
La pronunzia presa in esame, ha stabilito che “costituisce gravissima violazione dei principi di probità, dignità, decoro e lealtà (art. 9 cdf), ai quali la professione deve sempre ispirarsi, oltre che dello specifico divieto di accaparramento di clientela (art. 37 cdf), il comportamento dell’avvocato che, senza esserne richiesto, pubblichi informazioni sulla propria attività professionale in calce ad una pagina web“.
Tale reprensibile comportamento è stato posto in essere sotto forma di pubblicità promozionale, per acquisire incarichi da parte di persone coinvolte nel contesto di un tragico incidente, “svilendo la reputazione non solo propria, ma della professione forense, tanto da suscitare pubblico biasimo ed indignazione“.
In buona sostanza, in una pagina Facebook che riportava la notizia di un sinistro stradale mortale, il professionista postava un messaggio recante il logo del proprio studio legale, con la scritta “A chiunque potesse avere bisogno … presente!”.
Nel rispetto del principio enunciato, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio professionale.
Una corposa giurisprudenza specifica, ha avvalorato tale provvedimento.
(cfr. CNF sentenze 276/2023, 177/2023, 38/2020).