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PERCHÉ CI CONDANNATE: LA RAPINA L’AVEVAMO SOLO “PENSATA”!

Sentenza 39072/2024 Cassazione Penale

Sancito, seguendo una giurisprudenza costante che, il “tentativo di delitto“, non è integrato esclusivamente da una condotta tipica, bensì si configura anche nel momento in cui gli atti preparatori abbiano raggiunto uno stadio avanzato.

Un principio di diritto che deve confrontarsi con la necessità, da parte del giudice, di motivare le ragioni per cui abbia ritenuto una condotta, integrante gli estremi di un tentativo di delitto.

La decisione trae origine da un ricorso per cassazione promosso da un imputato il quale sosteneva che i giudici di merito avevano errato nel ritenere integrato il requisito dell’univocità degli atti, richiesto ai sensi dell’art. 56 c.p.

La Cassazione rileva che le censure promosse dai ricorrenti, spesso, non si traducono in una doglianza relativa all’eventuale mancanza della motivazione, bensì sollecitano indirettamente un nuovo giudizio.

Nel caso specifico, la sentenza di merito aveva una motivazione immune da vizi, avendo evidenziato i fatti che inducevano a giudicare oltrepassata quella sottile linea di confine, che distingue gli atti preparatori rilevanti, rispetto a quelli che ancora non consentono di configurare un tentativo di reato.
Di fatto gli imputati erano stati sorpresi a girare nelle vicinanze di un Ufficio Postale, armati, dopo che intercettazioni telefoniche avevano palesato il loro piano di effettuare, ivi, una rapina

La decisione della Suprema Corte di rigettare il ricorso, quindi, permette di saggiare l’indirizzo della giurisprudenza di legittimità rispetto a una materia (gli atti preparatori nel delitto tentato) che non sempre è di facile interpretazione, nei fatti concreti che vengono sottoposti all’Autorità giudiziaria.