Sentenza 39675/2024 Corte Cassazione
Secondo la Suprema Corte, occorre sempre accertarsi, nel rispetto del principio di offensività, che la sostanza oggetto di cessione abbia una reale efficacia drogante, ovvero una effettiva attitudine a produrre effetti psicotropi.
Nel caso specifico, l’imputato aveva dedotto che, in considerazione della quantità di stupefacente e del basso livello di principio attivo, la sua condotta di spaccio fosse priva di offensività.
La quantità di Cannabis sequestrata, era adatta per predisporre circa 40 dosi di sostanza stupefacente ma, secondo la difesa, la bassa percentuale di principio attivo, non era sufficiente ad integrare il reato contestato.
Nella pronuncia si è motivato che: ” in tema di stupefacenti, la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa L., quali foglie, inflorescenze, olio e resina, integrano il reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7, legge n. 242 del 2016, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività”.
In tale ottica, non rileva il superamento della dose media giornaliera, ma occorre verificare non solo la percentuale di principio attivo contenuto nella sostanza ceduta, bensì l’idoneità della medesima sostanza a produrre, in concreto, un effetto drogante (cfr.Cass.4324/2015).
Con la conseguenza che il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 è configurabile anche in relazione a dosi inferiori a quella media singola di cui al D.M. 11 aprile 2006.
Alla luce di tale orientamento di legittimità, si è concluso che la condotta del ricorrente assumeva rilievo penale, non essendo stati evidenziati elementi dai quali dedurre l’assenza di qualsivoglia “effetto drogante“.