Sentenza 35888/2023 Cassazione Penale
La sentenza che oggi commentiamo, affronta un argomento di particolare delicatezza, in considerazione di tutte le eventuali ipotesi di connivenza tra mafia e politica: compreso lo scambio elettorale di voti.
In mancanza della dimostrazione che, un politico, sia inserito in maniera stabile nell’ambito di un gruppo criminale, ma sussistano comunque elementi che lo stesso, sulla base di uno scambio di voti, abbia assicurato collusione alle attività mafiose, il fatto va comunque ricondotto all’ipotesi di cui all’articolo 416 bis Codice Penale.
In conseguenza però, la prova della partecipazione al gruppo delinquenziale non può essere ravvisata nella semplice esistenza di rapporti con componenti di vertice, laddove non vi siano fatti illeciti dimostrati.
Tali rapporti però, se reiterati nel tempo, devono essere sintomo chiaro di un patto di scambio, seppur di per se non sufficiente alla configurazione del 416 bis.
La giurisprudenza si è già espressa costantemente indicando che, il concorso esterno in organizzazione mafiosa, (seppur senza una partecipazione organica), si configura nei confronti di chi assicuri alla stessa, una attività idonea a favorire il potenziamento e il consolidamento delle attività illecite.
In tale ottica, quindi, non è necessaria la consumazione del reato, essendo sufficiente la dimostrazione del patto e della sua consistenza.