Sentenza 22595/2024 Cassazione
Le Sezioni Unite Penali hanno chiarito che, per “intercettazione“, deve intendersi “l’apprensione occulta, in tempo reale, del contenuto di una conversazione o di una comunicazione in corso tra due o più persone da parte di altri soggetti, estranei al colloquio“.
La Consulta ha equiparato alla corrispondenza, tutelata dall’art. 15 Cost., i messaggi SMS e WhatsApp, richiamando anche le decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
È quindi legittimo il sequestro probatorio di tale genere di messaggi, “in quanto hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., la cui acquisizione non soggiace alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni“. (cfr.Cass.28269/2019 e 29426/2019).
In buona sostanza il provvedimento di sequestro, interviene per acquisire “ex post” i dati di precedenti comunicazioni telematiche, già avvenute e conservate nella memoria fisica dei dispositivi informatici.
L’acquisizione è consentita a condizione che il sequestro non assuma una valenza meramente esplorativa e che il PM adotti una motivazione che espliciti le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro: ciò comporta che il vincolo deve essere ab origine commisurato, anche sul piano temporale, a quell’esigenza di estrapolazione e che, allo stesso tempo, deve essere assicurato un canone di selezione in assenza del quale il vincolo risulta nel suo complesso ingiustificato per difetto di proporzionalità.
E proprio in tale prospettiva, in tema di sequestro probatorio di dispositivi informatici, la Corte ha precisato che il PM è tenuto a predisporre un’adeguata organizzazione per compiere tale selezione nel tempo più breve possibile, soprattutto nel caso in cui i dati siano sequestrati a persone estranee al reato e provvedere, all’esito, alla restituzione della copia integrale agli aventi diritto.