Ordinanza 25696/2023
Nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, può capitare che incarichi riferiti a progettazione o direzione dei lavori, facciano nascere il diritto ad una retribuzione aggiuntiva, detta “compenso incentivante”.
Spesso però, per i lavoratori dipendenti dell’istituzione appaltante, possono sorgere problemi in mancanza di stanziamenti previsti per il completamento dell’opera, a cui l’incarico si riferisce.
Tale carenza, seppure impedisce il sorgere del diritto a detto compenso, ai sensi della legge 109/1994, certo non fa venir meno il diritto alla retribuzione aggiuntiva, per prestazioni effettuate oltre il normale orario di lavoro.
In tali casi, quindi, il dovuto corrisponde ai parametri normalmente usati per il calcolo delle retribuzioni, riferite al lavoro straordinario: ovviamente si fa cenno a quelli che sono i contratti collettivi di lavoro al momento della prestazione.
Questa decisione è stata presa dalla Corte, nell’ordinanza osservata, pur nel convincimento che le prestazioni nel pubblico impiego sono riconosciute, solo se in linea con le previsioni di spesa.
Qualunque accordo contrario a tale disposizione è illegittimo e sottoposto anche a restituzione di somme, illecitamente pagate.