Sentenza 25008/2024 Cassazione Penale
Presa in esame la configurabilità del delitto di “favoreggiamento” contestato ad una donna accusata di aver accettato una donazione dall’ex marito, al fine di assicurare il profitto da costui conseguito, attraverso truffe ai danni di istituti di credito.
Il giudice di primo grado aveva riconosciuto la ricorrente colpevole del reato, compiuto in un più ampio contesto nel quale il suo ex marito era accusato di truffa in danno di istituti di credito.
La donna, senza aver concorso in quest’ultimo delitto, avrebbe accettato una donazione pari ad €800.000, poi utilizzata per l’acquisto di un immobile, conferito in un fondo patrimoniale.
Il collegio di legittimità ha condiviso l’orientamento del giudice d’appello, che aveva assolto l’imputata, osservando che “Nel delitto di favoreggiamento, non è configurabile l’elemento soggettivo del reato, nel caso in cui, durante la crisi coniugale, il marito acquista un immobile, intestandolo alla moglie, e facendolo confluire all’interno di un costituito fondo patrimoniale, qualora non si dimostri che la donna conosceva la provenienza illecita della provvista donatale”.
Un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per il quale il “dolo di favoreggiamento” è ravvisabile solo a condizione che il soggetto agente abbia operato nell’interesse esclusivo dell’autore del reato. (cfr.Cass.10980/2018 e 30744/2014)
Ha sancito la Suprema Corte che, “la buona fede dell’imputata era stata dimostrata dalla circostanza che l’intero importo della donazione era stato corrisposto con assegni circolari, quindi facilmente tracciabili”.