Sentenza 43765/2024 Corte Cassazione
La Suprema Corte ha sancito che in tema di maltrattamenti in famiglia, le singole condotte configurano il reato in presenza di “comportamenti volti a ledere, con violenza fisica o anche solo psicologica, la dignità ed identità della persona offesa, limitandone la sfera di autodeterminazione“.
In buona sostanza, il reato ex articolo 572 c.p. risulta integrato quando la condotta dell’imputato determina un regime di vita mortificante e vessatorio per il soggetto soccombente.
Per integrare il delitto di cui al citato articolo, non è richiesta la “sistematica sopraffazione”, come più volte sottolineato dalla costante giurisprudenza, ma è sufficiente che siano compiuti più atti, delittuosi o meno, di natura vessatoria e finalizzati a determinare sofferenze fisiche o morali alla vittima (cfr.Cass.10959/2016 – 3377/2022 – 19847/2022).
Questa interpretazione si fonda sulla Convenzione del Consiglio d’Europa, in merito alla “prevenzione contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica“, detta Convenzione di Istanbul.
Attraverso questa chiave di lettura, il diritto delle donne di vivere libere dalla violenza costituisce “un diritto umano“: quindi inammissibile l’interpretazione limitativa della sentenza impugnata che confina il reato di cui all’art. 572 c.p. ai soli casi in cui vi siano “sistematiche” forme di violenza, senza peraltro indicarne le modalità.
Il giudice è tenuto a valutare non solo gli episodi che ritiene soggettivamente più gravi, perché’ colpiscono l’integrità fisica, ma innanzitutto lo sbilanciato contesto di coppia in cui si consuma la violenza, anche solo psicologica, attuata dall’autore in un clima di umiliazione, che lede la dignità della vittima.
(cfr.Cass.27171/2022).
Corre l’obbligo di ricordare che i soggetti passivi di dette violenze in famiglia, non sono esclusivamente le donne: le sopraffazioni psicologiche nei confronti degli uomini, sono ampiamente documentate dagli studi di settore!