Sentenza 8022/2025 Corte Cassazione
Nell’occhio del ciclone un “Patto di Quota Lite”!
Confermata la condanna di un avvocato per il reato di circonvenzione di incapaci (art. 643 c.p.), “aggravato dall’abuso della prestazione d’opera e dall’ingente danno patrimoniale”.
In bilico la compatibilità del patto di quota lite con la tutela di clienti vulnerabili.
Nel caso osservato, un avvocato aveva stipulato un patto di quota lite con il proprio assistito, prevedendo un compenso del 15% dell’indennizzo liquidato, pari a 167.000 euro.
La Corte d’Appello ha ritenuto che il legale avesse approfittato di uno stato di debolezza psichica del cliente, che lo aveva reso influenzabile e incapace di comprendere pienamente le conseguenze dell’accordo.
Oltre ad aver approfittato dello stato di vulnerabilità del soccombente, inducendolo a sottoscrivere una procura speciale a suo favore, (impedendogli di gestire autonomamente le proprie risorse), aveva calcolato un compenso evidentemente sproporzionato rispetto all’attività svolta.
Il ricorso per Cassazione, tendeva a dimostrare come il patto di quota lite non fosse illecito e che il cliente ne fosse consapevole, nonché che il compenso fosse proporzionato, tenuto conto del successo ottenuto nella causa risarcitoria.
La Cassazione ha respinto il ricorso ed ha confermato che lo stato di deficienza psichica del cliente e la sproporzione del compenso costituivano elementi sufficienti per la configurazione del comportamento reprensibile.
La pressione psicologica su un soggetto incapace di autodeterminarsi, può integrare il reato di circonvenzione di incapaci.
Indispensabile, dunque, valutare attentamente lo stato psichico del cliente prima di proporre accordi sui compensi, evitare pattuizioni eccessivamente speculative, garantire sempre la trasparenza e la comprensibilità degli accordi economici.