Sentenza 32380/2023 Cassazione Penale
È di questi giorni in cronaca, la storia di Marzia Capezzuti, ragazza della nostra provincia, scomparsa e poi trovata uccisa, presumibilmente dopo aver subito, in precedenza, sevizie e violenze.
L’art. 61/4 Codice Penale, inquadra il problema riferito ai delitti commessi con crudeltà o comportamenti finalizzati a cagionare sofferenze, rispetto alla normale causale del fatto delittuoso: ciò ad indicare una spietata volontà di un atteggiamento interiore, particolarmente riprovevole e violento.
La povera Marzia pare sia stata oggetto, in vita, di comportamenti vessatori e di vere proprie torture fisiche e psicologiche.
Tali comportamenti, ovviamente, verranno contemplati come aggravanti, nel procedimento penale che sta per essere avviato nei confronti dei presunti attuatori dell’omicidio.
Anche nella sentenza in oggetto, la Suprema Corte ha condannato alla reclusione di 6 anni il marito, che aveva attuato atti di violenza nei confronti della moglie.
In maniera quasi generalizzata, però, l’attuale legge che punisce gli atti di tortura viene ritenuta inefficace a frenare un reato così abietto, necessitando di una revisione approfondita e di pene più esemplari.