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Responsabile colui che minaccia l’insegnante al fine di condizionarne il giudizio su un alunno.

Lo ha stabilito la Cassazione nell’ordinanza n. 14958/2021 del 17 maggio, nella quale viene chiarito che, commette reato di violenza o minaccia, chi rivolge parole intimidatorie ad un insegnante al fine di condizionarne il giudizio nei confronti di un alunno, in quanto il docente è considerato pubblico ufficiale, quindi tutelato dall’art. 336 c.p. Nel caso di specie l’imputato, è stato condannato in primo grado alla pena di sei mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 336 c.p. “Violenza o minaccia ad un pubblico ufficiale”, condanna che è stata confermata dal giudice dell’impugnazione. La vertenza dunque, giunge in Cassazione, dove la difesa sostiene che la sentenza, presenta un vizio di motivazione, poiché i fatti appaiono confusionari e gli elementi acquisiti contraddittori. A detta dei difensori infatti, l’imputato, avrebbe esclusivamente contestato la condotta dell’insegnante nei confronti della nipote, utilizzando parole di disappunto ma non di certo minacciose. I Supremi Giudici hanno però respinto il ricorso perché finalizzato ad ottenere una lettura diversa delle fonti di prova, che invece, sono alla base di una motivazione, viceversa, chiara e logica. Inoltre, anche il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, per la Suprema Corte, risulta corretto ed opportuno dati i precedenti dell’imputato che hanno ostacolato il trattamento sanzionatorio finale, il quale non poteva essere minimo.