La casa farmaceutica che abbia promosso, mediante la fornitura di un farmaco, una sperimentazione clinica, eseguita da una struttura sanitaria a mezzo dei propri medici, può essere chiamata a rispondere a titolo contrattuale dei danni sofferti dai soggetti cui sia stato somministrato il farmaco, a causa di un errore dei medici “sperimentatori”. Lo ha sancito la terza sezione civile della Cassazione con la sentenza 10348/21.
Una donna accusa le due dottoresse dell’ospedale, che l’avevano invitata alla cura e non l’avevano informata adeguatamente sugli gli effetti collaterali che il farmaco avrebbe potuto avere. Infatti, dopo due mesi di trattamento, aveva riscontrato problemi cardiocircolatori. Pertanto, aveva chiesto la condanna dell’ospedale e della casa farmaceutica al risarcimento dei danni.
La possibilità di fondare la responsabilità contrattuale della casa farmaceutica su un “contatto sociale” è da escludere, in quanto la donna ha avuto rapporti diretti soltanto con i sanitari dell’Azienda Ospedaliera.
Per poter configurare una responsabilità contrattuale della casa farmaceutica, occorre individuare un inadempimento rispetto ad un’obbligazione che si possa ritenere assunta dalla stessa nei confronti del paziente, ancorché eseguita per il tramite di ausiliari; in difetto, risulta predicabile unicamente una responsabilità extracontrattuale.
In conclusione il Palazzaccio annulla la sentenza di appello affermando che la casa farmaceutica può essere chiamata a rispondere a titolo contrattuale dei danni sofferti dai soggetti”, soltanto ove risulti, che la struttura ospedaliera e i suoi dipendenti abbiano agito quali ausiliari della casa farmaceutica. in difetto, a carico della casa farmaceutica risulta predicabile soltanto una responsabilità extracontrattuale, da accertarsi secondo le regole proprie della stessa.