Sentenza 24271/2024 Corte Cassazione
La Suprema Corte ha preso una netta posizione contro chi, all’interno di un sacrario militare, ha posto in essere un ballo a ritmo “rap” sulle tombe dei caduti, per poi pubblicarlo sui social, configurandone il delitto di “vilipendio delle tombe“.
In motivazione, la Corte ha precisato che “il giudice, nel perimetrare la nozione penalmente rilevante di vilipendio, è tenuto a valutare la condotta con riferimento al bene giuridico tutelato dalla norma e verificare che i gesti compiuti o le espressioni utilizzate, pur se non dirette immediatamente contro la “res” normativamente contemplata, producano, in concreto, la lesione del rispetto del luogo di sepoltura e, quindi, del senso di pietà ispirato dal ricordo dei defunti”.
La “pietas” per i defunti, in particolare, è un sentimento che attiene all’essere umano in quanto tale e, la condotta di vilipendio punita dall’art. 408 cod. pen. ha per oggetto «tombe, sepolcri o urne», oppure «cose destinate al culto dei defunti», quali croci, cappelle, immagini, lampade, fiori e tutti gli oggetti finalizzati alla memoria.
Come suggerito dalla Corte Costituzionale con riferimento alla fattispecie prevista dall’art. 290 cod. pen., il termine “vilipendio” va inteso “secondo la comune accezione del termine”, e consiste nel ricusare qualsiasi valore etico, sociale o politico all’entità contro cui la manifestazione è diretta.
Va doverosamente precisato che spetta al giudice il compito di uniformare la previsione astratta di reato al principio di offensività, nell’esercizio del proprio potere ermeneutico offensività “in concreto”.
Nella configurazione del singolo caso, del “vilipendio”, penalmente rilevante ai sensi dell’art. 408 cod. pen., il giudice deve perciò valutare la condotta con riferimento al bene giuridico tutelato dalla norma.