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Ruolo del minore nell’ambito di un procedimento per il suo affidamento presso uno dei genitori.

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3159/2021 del 9 febbraio ha ribadito il principio in base al quale i minori, nei procedimenti giudiziari che li riguardano, non possono essere considerati parti formali del giudizio. Nel caso di specie il ricorrente aveva adito la Suprema Corte per opporsi al decreto reso in materia di affidamento e collocamento della figlia minore, con cui la Corte di Appello di Venezia aveva disposto il collocamento della stessa presso la madre, disponendo inoltre l’affidamento della piccola ai servizi sociali al fine di favorire gli incontri tra lui e la figlia. Il ricorrente ha lamentato ben sei motivi di impugnazione, ma soprattutto l’ultimo ha destato l’attenzione dei Supremi Giudici. La difesa del papà sosteneva la violazione e falsa applicazione degli artt. 337-octies e 315-bis comma 3, c.c., dell’art. 336-bis c.p.c., dell’art. 38 disp. att. c.c., nonché della normativa internazionale in materia di audizione dei minori, in quanto la minore era stata collocata presso la madre in ragione della relazione dei Servizi Sociali, senza che, però, si fosse provveduto ad ascoltare la figlia; audizione che invece, era ritenuta fondamentale dal ricorrente, anzi necessaria a pena di nullità, secondo quanto disposto dalla normativa nazionale ed internazionale. La Suprema Corte soffermandosi proprio su quest’ultimo motivo, ne ha affermato la fondatezza in quanto, nei procedimenti giudiziari che riguardano i minori, essi non possono essere considerati parti formali del giudizio, essi devono essere considerati parti sostanziali, in quanto portatori di interessi comunque diversi, quando non contrapposti, rispetto ai loro genitori.