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SARÒ PURE DETENUTO, MA NON STO BENE E VOGLIO IL MIO MEDICO!

Sentenza 17084 Cassazione Penale

Il riconoscimento costituzionale del “diritto alla salute“, come diritto fondamentale dell’individuo, deve essere letto ed interpretato in maniera assoluta.

L’art. 11, comma 9, Ord. Pen., dispone testualmente che “I detenuti e gli internati possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un sanitario di loro fiducia. Per gli imputati è necessaria l’autorizzazione del magistrato che procede, sino alla pronuncia della sentenza di primo grado“.

Dall’interpretazione ermeneutica di tale disciplina, si evince che i detenuti e gli internati possono chiedere di essere visitati a proprie spese da un medico di fiducia senza che ricorrano limiti o condizioni, mentre per gli imputati, cioè i detenuti per i quali pende il processo, la norma richiede l’autorizzazione del giudice, solo fino alla sentenza di primo grado: ciò per l’evidente finalità non già di sindacare in qualche modo l’iniziativa individuale di sottoporsi a visite e cura, ma al solo fine di motivare se l’iniziativa medesima possa, in qualche modo, avere incidenza negativa sugli accertamenti processuali in corso.

Il rispetto dell’individuo, per quanto sottoposto a norme restrittive, è baluardo operativo nell’azione della Comunità Europea che, in più di un’occasione, ha ribadito come fondamentale la salvaguardia dell’integrità psicologica e fisica dei detenuti, nella precipua finalità di concedere agli stessi, l’opportunità di non dover rinunziare alla propria autostima, nel nome di una volontà di recupero sociale.

Le linee guida dettate dalla Commissione Europea sui Diritti, hanno indicato la traccia che tutti gli Stati membri devono seguire, per ottenere un omogeneo trattamento dei detenuti, soprattutto in riferimento alla salvaguardia del “diritto alla salute“, che rimane imprescindibile tutela della dignità umana.