Lo ha stabilito la quinta sezione penale con la sentenza 3795/21 del primo febbraio con la quale la Corte, ha respinto il ricorso del condomino che, con azioni di disturbo ha terrorizzato i clienti del pub e non solo. Il ricorrente infatti, è stato condannato per atti persecutori in danno del titolare del locale e di suo figlio e per violazione della corrispondenza indirizzata all’esercizio commerciale, date le diverse azioni di disturbo effettuate dallo stesso come, l’apposizione di cartelli di “divieto d’accesso” o “passo carrabile” davanti all’esercizio, l’intimidazione compiuta mettendo un coltello e spazzatura nella cassetta della posta, furto della corrispondenza, aggressione fisica ai danni del figlio del proprietario del pub. Pertanto, nonostante l’imputato abbia denunciato i comportamenti della presunta persona offesa che, a suo avviso, avrebbe gestito il pub in modo illegittimo, permettendo ad esempio ai clienti di rimanere negli spazi condominiali fino a tarda notte, i supremi giudici hanno posto l’accento sugli innumerevoli atti di disturbo accertati compiuti dall’imputato, sulla durata delle molestie e sulla loro gravità, stabilendo che hanno effettivamente l’idoneità destabilizzatrice e che hanno ingenerato un grave stato di ansia e paura tipico del reato di stalking.