Sentenza 12333/2023 Cassazione Penale (Approfondimento giuridico)
Ormai le aste immobiliari sono sempre più presenti sul mercato della compravendita dei beni immobili in quanto, le numerose procedure esecutive che sfociano poi in sequestri dei beni staggiti, forniscono una quantità di operazioni che possono essere convenienti per acquirenti ed investitori.
La sentenza che commentiamo, però, chiarisce alcuni principi in tema di “turbativa” delle suddette aste, soprattutto in riferimento al “fumus commissi delicti”, ai fini del sequestro preventivo.
Nella fattispecie presa in esame, erano indagate madre e figlia: la prima, nella qualità di funzionario giudiziario del tribunale, era accusata di accesso abusivo ad un sistema informatico del servizio, la seconda per aver partecipato ad una procedura, come soggetto fittiziamente interposto.
La giurisprudenza civilistica ha chiarito che il divieto ex art.1471 c.c. è preposto alla tutela anche solo dell’immagine di imparzialità e correttezza della pubblica amministrazione: con ampio margine di applicazione a magistrati, cancellieri, custodi o quant’altro.
La sentenza specifica che, il dettato della norma civilistica, si riferisce a soggetti che istituzionalmente concorrono allo sviluppo della procedura.
Di fatto, la giurisprudenza civile riconosce detto divieto ad un vasto ambito di operatività che può determinare, con terminologia penalistica, un “pericolo astratto”.
In riferimento al reato di turbativa d’asta, l’art.353 c.p. lo descrive come di “pericolo” ma “concreto”.
In buona sostanza, la consolidata giurisprudenza di legittimità ha da tempo avvalorato che, tale delitto, si configura non solo nel caso di danno mediato, non occorrendo l’effettivo conseguimento del risultato, ma con la semplice idoneità degli atti ad influenzare l’andamento della gara (Cass. 12821/2013).
Anche il semplice scambio di informazioni tra interessati prima dello svolgimento della gara, al fine di predeterminarne l’esito, viene considerato come turbativa alla regolarità della competizione (Cass. 28970/2013 – 41365/2013).
La condotta posta in essere dall’agente, deve tradursi in una concreta minaccia per la libera concorrenza.
Il caso osservato è stato sottoposto anche all’attenzione dei giudici del riesame i quali, pur non precisando se fosse accaduto, hanno precisato che, l’interposizione fittizia della figlia ed una posizione di privilegio informativo della ricorrente, (che aveva accesso ai fascicoli della procedura), potevano far presumere una acquisizione di vantaggio sulla concorrenza, tale da configurare una alterazione della “par condicio” della gara.