Sentenza 12497/2025 Corte Cassazione
La Suprema Corte si è pronunziata sulla cosiddetta “giustizia fai da te”, sancendone il non riconoscimento rispetto ad ogni parametro giuridico.
La vicenda da cui è scaturita la sentenza, ha visto una donna agire da “giustiziera” nei confronti di un uomo, dalla stessa ritenuto responsabile del furto di due cellulari.
La “virago“, invece di fare regolare denuncia del reato, ben aveva ritenuto di farsi giustizia sommaria, costringendo con la violenza il malcapitato ed ipotetico lestofante, a consegnarle una somma di denaro, quale risarcimento per il maltolto!
Per la difesa si trattava di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, non di estorsione, come contestato.
Per la giurisprudenza consolidata (cfr.Cass. 23084/2018; 9972/2022; 22952/2022), “la violenza o minaccia usata per ottenere un vantaggio economico configura estorsione ex art. 629 c.p., anche se l’obiettivo è la restituzione di un bene sottratto”.
L’art. 393 c.p. (esercizio arbitrario delle proprie ragioni) è applicabile solo se:
il diritto fatto valere è reale e giuridicamente tutelabile;
il soggetto non si sostituisce all’autorità pubblica nell’individuare e punire un colpevole.
Nel caso in esame, la donna aveva agito senza denuncia e sulla base di una convinzione soggettiva non supportata da accertamenti ufficiali, usando violenza per ottenere una somma a titolo di risarcimento da chi riteneva colpevole.
Anche ipotizzando l’autenticità del furto, non è lecito sostituirsi allo Stato con indagini private ed una successiva azione violenta.
Non si faceva valere un diritto nel senso giuridico del termine, ma si pretendeva in modo arbitrario un risarcimento, configurando il reato di estorsione aggravata.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, precisando che “nessuno può farsi giustizia da solo, tanto meno con la violenza“.
Pur avendo subito un torto, agire fuori dalle regole può portare a una condanna penale.
Il rischio, quindi, è che la vittima si trasformi in colpevole, laddove ritenga possibile sostituirsi alle istituzioni.