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SE NON MI RISPETTI, MI RIPRENDO TUTTO CIÒ CHE TI HO DONATO!

Sentenza 3811/2024 Corte

Ingiuria grave quale presupposto di revocabilità della donazione e tratti differenziali rispetto all’analoga fattispecie penale.

Di ciò si è interessata la Suprema Corte in riferimento alla pronunzia del giudice di merito, che aveva ritenuto integrati i requisiti della “revoca per ingratitudine“, per il mero inadempimento della donataria all’obbligo di somministrazione degli alimenti al donante, per non avergli prestato assistenza nell’abitazione trasferita con donazione e per aver acceso un mutuo, a fronte di proprie esigenze personali.

L’ingiuria grave richiesta dall’art. 801, cod. civ., quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione, si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, che deve dimostrare un costante comportamento di disistima delle qualità morali del donante e mancare rispetto alla dignità dello stesso. (cfr.Cass.17188/2016).

Pertanto deve essere espressione di profonda avversione o animosità verso chi ha effettuato la donazione.

Il comportamento deve essere espressamente rivolto a ledere la sfera morale del donante, ed annullare quel senso di riconoscenza che dovrebbe improntare l’atteggiamento di chi ha ricevuto un beneficio.

Nel caso specifico, la Corte non ha ritenuto configurati gli estremi indicati dalla norma, ritenuti presupposti necessari per la “revoca della donazione per ingratitudine“.

La Corte d’Appello, per ritenere integrati i requisiti di cui all’art. 801, cod. civ., avrebbe dovuto valutare se detti comportamenti fossero apertamente ingiuriosi, come previsto dall’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità.

Atteggiamento reprensibile del donatario, quindi, ma non tanto da presupporre la revoca della donazione goduta.