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SE RIESCO A “FREGARE” IL GIUDICE, NON COMMETTO NESSUNA TRUFFA!

Sentenza 43347/2023 Corte Cassazione

La Suprema Corte ha ricordato, nella citata sentenza, alcuni precedenti giurisprudenziali da cui scaturiva che, la così detta “truffa processuale”, che consiste nel fatto di indurre in errore il giudice in un processo civile o amministrativo, (anche con artifici e raggiri per ottenere una decisione a sé favorevole), “non integra” il reato ex art.640 Codice Penale, in quanto viene a mancare l’elemento costitutivo dello stesso, che riguarda una disposizione patrimoniale.
Il giudice, di fatto, non pone in essere comportamenti di autonomia privata e libertà di consenso, ma emette un provvedimento di natura pubblicistica legato alla sua giurisdizione.
Vi sono soltanto le riserve esposte nell’art. 374 Codice Penale, che si riferisce ai casi in cui il fatto sia specificatamente previsto dalla legge, nei suoi elementi caratteristici.
Chiarito anche, in riferimento a quest’ultimo articolo del codice penale, che nella nozione di procedimento civile vanno compresi sia il procedimento di cognizione che quello di esecuzione, nonché i procedimenti cautelari, che tendono a predisporre e garantire i mezzi probatori, per lo svolgimento di un giusto processo.