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Sì al sequestro probatorio di messaggi whatsapp ed sms in quanto documenti informatici.

Lo ha sancito la quinta sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 27122/21. Nel caso di specie il ricorrente, ovvero l’amministratore di una società fallita contestava il sequestro di messaggi whatsapp ed sms, disposto dal procuratore. Il ricorrente sosteneva infatti che, tali dati, non risultavano essere pertinenti per il reato di bancarotta contestatogli; il procuratore invece, riteneva l’opposto, ovvero che gli stessi risultavano essere fondamentali per dimostrare la cessione del marchio dalla fallita ad una società estera ad un prezzo inferiore rispetto a quello effettivo, tutti espedienti, a detta dello stesso, realizzati per distrarre risorse dalla fallita alla controllata. I Supremi Giudici quindi, sono intervenuti al riguardo, rigettando il ricorso e chiarendo che il sequestro risulta essere legittimo, in quanto i messaggi whatsapp, sms e messaggi di posta elettronica hanno natura di documenti informatici e dunque la loro acquisizione non soggiace alla disciplina delle intercettazioni ex art. 266 e successivi cpp, ma avviene ai sensi dell’articolo 234 cpp, in quanto hanno natura di documenti informatici.