Sentenza 12101/2023 Corte Cassazione
Questa sentenza deve rappresentare un “memento”, per tutti coloro che ritengono possibile dire “di tutto e di più” sulle persone che intendono contestare, dando una veste satirica agli abusi verbali e comportamentali.
Di fatto, stabilisce la Suprema Corte, che seppur la satira sia sottratta al “parametro della verità” (diversamente dalla cronaca e dalla critica), in quanto adopera un paradosso o una metafora surreale per stigmatizzare un evento o un personaggio, non può considerarsi esonerata dall’adoperare espressioni continenti e funzionali, rispetto allo scopo di denuncia sociale e politica che vuole perseguire.
Non ci deve essere, quindi, un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto preso di mira: inoltre, la satira, non deve assumere nessuna funzione informativa e non deve veicolare fatti non storicamente corrispondenti al vero, pur se presentati in veste ironica e scherzosa.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto corretta l’esclusione dall’esimente invocata dal ricorrente il quale, nel corso di una manifestazione pubblica contro le politiche abitative del suo Comune, aveva storpiato (per assonanza), il cognome del primo cittadino, definendolo, appunto: “Sindaco Bruttocesso”.
Non tutto può essere concesso, in nome di una libertà di pensiero e di espressione!