Sentenza 44886/2023 Corte Cassazione
Non appaia controcorrente, in piena epoca di “crociata contro la violenza sulle donne”, citare questa pronunzia della Suprema Corte che, invece, ha stigmatizzato l’operato di una “signora” che, durante una discussione con il coniuge, gli ha procurato una lesione lacero-contusa alla regione sopraccigliare sinistra: ma adoperando “solo” una spazzola per i capelli.
Secondo la difesa, l’uso di tale oggetto non poteva costituire circostanza aggravante del reato, in quanto non si trattava di uno strumento atto ad offendere, come previsto dall’art.585 c.p.
In primo grado di giudizio questa tesi aveva trovato un riscontro favorevole da parte dei giudicanti, (che evidentemente non erano mai entrati in rotta di collisione con una spazzola per capelli).
In buona sostanza, afferma la Corte, e’ vero che il citato articolo definisce il concetto di “arma” differenziandolo da quello di “oggetto atto ad offendere”, ai sensi della Legge 110/1975, ma il giustificato motivo del possesso di tali oggetti, cessa nel momento stesso in cui vengono utilizzati per un’aggressione fisica (cfr. Cass. 46482/2014).
È quindi fuori dubbio che, anche oggetti comuni, possano assumere la qualifica di “armi improprie”, ai sensi dell’art.339 codice penale, allorquando vengano utilizzati in un contesto di aggressione o anche di semplice minaccia (cfr. Cass. 26059/2019 -17942/2020).