Lo ha stabilito la terza sezione civile della Cassazione con l’ordinanza 12182/21 del 7 maggio, con la quale è stato accolto il ricorso del Ministero della Salute nei confronti di una persona che aveva contratto l’epatite c successivamente a trasfusioni di sangue. Nonostante la Corte d’Appello abbia condannato il Ministero a risarcire il danno alla vittima, la decisione è stata impugnata in Cassazione dove è stato contestato l’atto interruttivo della prescrizione trasmesso dal danneggiato perché privo di firma. I Supremi Giudici hanno chiarito infatti che, l’atto esibito in giudizio, privo di firma, doveva presumersi corrispondente a quello trasmesso a mezzo di raccomandata e ricevuto dal Ministero, ma soprattutto che grava sul danneggiato provare che lo stesso era stato sottoscritto, ovvero che l’atto recapitato presentava un elemento divergente rispetto a quello prodotto in giudizio privo di firma. La Cassazione ha concluso che il ricorso del Ministero deve essere necessariamente accolto per il principio secondo cui ” in materia di atti giuridici unilaterali ricettizi, a contenuto dichiarativo, come l’atto di costituzione in mora, per il quale è richiesta la forma scritta ad validitatem, la sottoscrizione, quale modalità di assunzione della paternità della dichiarazione, costituisce elemento essenziale, in mancanza del quale non è dato sussumere il documento nella fattispecie legale della scrittura privata produttiva di effetti giuridici, cui deve ricondursi anche l’atto di costituzione in mora, non potendo quest’ultimo, se privo di sottoscrizione, produrre l’effetto interruttivo della prescrizione ex art. 2943 comma 4 c.c.”.