Sentenza 47670/2023 Cassazione Penale
Certamente, fino alla lettura di questa sentenza della Suprema Corte, la nostra idea di “pubblico ufficiale” rivestiva diverse caratteristiche rispetto a quelle che, la nuova ottica giurisprudenziale, apre ai nostri convincimenti.
Il ricorso che prendiamo in considerazione, aveva come tema il peculato: anche qui, l’indirizzo già avviato dalle Sezioni Unite, ha indotto i giudicanti ad assimilare detto reato, anche in riferimento alla condotta di un gestore o esercente di apparecchi da gioco leciti (articolo 110, comma 6/7 TULPS), allorquando si appropri indebitamente dei proventi del gioco, anche per la parte destinata al pagamento del Prelievo Erariale Unico.
Detto denaro, specifica la Corte, appartiene alla pubblica amministrazione fin dal momento della riscossione nei videogiochi, per cui il gestore riveste una formale qualifica di “agente contabile”, incaricato di un pubblico servizio, ed a ciò delegato dal concessionario.
In conclusione, il denaro che le figure di supporto (esercente o gestore) raccolgono, è in detenzione “nomine alieno”: la qual cosa, ai sensi dell’art.314 c.p., integrando la condizione di altruità delle somme, fa configurare come peculato l’indebita detenzione delle stesse (Sez.Unite 6087/2020).