Sentenza 42157/2024 Corte Cassazione
Non è sufficiente la mera indicazione di qualche complice per il riconoscimento dell’attenuante della collaborazione prevista dal D.P.R. 309/90.
La Suprema Corte ha specificato che sono necessari comportamenti che conducano all’interruzione del circuito di distribuzione degli stupefacenti e non solo al rafforzamento del quadro probatorio di attività di indagine già in corso.
Sulla stessa linea la Cassazione ha ricordato che l’indicazione dei complici può essere valutata ai fini del riconoscimento delle “circostanze attenuanti generiche” e non ai fini del riconoscimento dell’attenuante di cui al citato D.P.R., in quanto è necessario che la collaborazione prestata “porti alla sottrazione di risorse rilevanti ed eviti la commissione di ulteriori attività delittuose“.
Secondo un costante orientamento, il riconoscimento del “ravvedimento operoso“, non comporta automaticamente anche quello dell’attenuante presa in esame, non coincidendo i presupposti delle due circostanze.
La prima riguarda l’assicurazione, “ex post”, delle prove dei commessi reati e, ai fini della sua applicazione, è necessario che i dati forniti “siano nuovi, oggettivamente utili e costituiscano tutte le conoscenze a disposizione del dichiarante, mentre per la concessione della seconda, è necessario che “il contributo conoscitivo offerto dall’imputato, nel corso della consumazione del reato, sia utilmente diretto ad interrompere non tanto il traffico della singola partita di droga, bensì l’attività complessiva del sodalizio criminoso“. (cfr.Cass.23528/2018).
Ebbene, nel caso esaminato, il ricorrente non ha contrastato la pronuncia dalla Corte di appello, che ha ritenuto la sua collaborazione limitata ad una mera “ammissione dei fatti del tutto riduttiva“, che non ha avuto alcuna utilità alle indagini e che tantomeno ha avuto l’effetto di interrompere l’attività del sodalizio.