Lo ha stabilito la seconda sezione civile che, con l’ordinanza 7029/21 pubblicata oggi, ha affermato che l’accertamento dell’esistenza del rapporto di causalità tra conclusione dell’affare e attività svolta dal broker si configura come una questione di fatto.
La Corte Distrettuale ha erroneamente escluso al ricorrente il diritto alla provvigione solo sul fatto che la proprietaria di casa non gli aveva conferito il relativo incarico, omettendo così di esaminare il diverso e decisivo fatto costituito dal nesso causale tra l’opera prestata e la conclusione dell’affare.
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, pur non richiedendosi che, tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare, sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, ed essendo sufficiente che, anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo, la “messa in relazione” delle stesse costituisca l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto.