Sentenza 42497/2023 Corte Cassazione
Ormai appurato che, quella contro l’evasione fiscale, non è una battaglia bensì una vera e propria guerra.
La cassazione ha precisato che, in riferimento al delitto ex art. 8 D.L. 74/2000, è necessario che emerga la volontarietà da parte di chi ha emesso fatture per operazioni inesistenti, allo scopo di favorire a terzi evasione dalle imposte sul reddito o sul valore aggiunto.
La Corte ha quindi sancito che, il dolo specifico di tale illecita operatività, non è “in re ipsa”, in quanto la legge prevede in modo esplicito che, all’emissione di tali fatture, vada aggiunta e provata la finalità di evasione, la cui realizzazione, però, non è necessaria ai fini della consumazione del reato.
Ne va di per sé che devono emergere elementi fattuali sulla consapevolezza dell’evasione dei terzi, a seguito di tale “documentazione fasulla”.
In mancanza di confessione, la prova della volontà deve manifestarsi attraverso concrete circostanze, delle quali deve essere verificata l’idoneità a cagionare l’evento doloso.
La prova di tale dolo deve ricavarsi da elementi obiettivi e concrete manifestazioni di condotta operativa.
In buona sostanza, deve essere provato l’elemento Causa/Effetto, che dimostri una consapevolezza conseguenziale, da parte del professionista che emetta fatturazione illecita.