Sentenza 307/2024 Consiglio Nazionale Forense
Il procedimento disciplinare trae origine dall’esposto che lamentava come un legale avesse assunto la difesa dell’ex coniuge, in procedimenti giudiziari aventi come controparte la stessa esponente, nonostante che il patrocinante avesse in passato prestato la propria assistenza professionale in favore di entrambi i coniugi.
L’art. 68 del Codice Deontologico Forense vieta al professionista, che abbia congiuntamente assistito i coniugi o i conviventi more uxorio in controversie familiari, di assumere successivamente il mandato per la rappresentanza di uno di essi contro l’altro.
Si tratta di una forma di tutela anticipata al mero pericolo derivante anche dalla possibilità di conflitto d’interessi, non richiedendosi specificatamente l’utilizzo di conoscenze ottenute in ragione della precedente congiunta assistenza.
La norma si limita a circoscrivere l’attività nella più ampia definizione di assistenza, per l’integrazione della quale non è richiesto lo svolgimento di attività di difesa e rappresentanza essendo sufficiente che il professionista abbia svolto attività diretta a creare l’incontro delle volontà.
In particolare, la norma si riferisce al divieto di assumere incarichi in favore di uno dei coniugi contro l’altro, rendendo irrilevante il fatto che il nuovo incarico sia estraneo o meno al precedente.
La pronuncia, dunque, pone un distinguo sui limiti dell’azione professionale, non generalizzando il problema ma circostanziandolo in limiti ben precisi.
È pertanto censurabile l’avvocato che assume un incarico in favore di un coniuge contro l’altro con riferimento – non ad una qualsiasi causa – ma ad una causa collegata a quella per cui aveva prestato assistenza in precedenza ad uno dei due.