Sentenza 31178/2024 Corte Cassazione
La Suprema Corte ha di fatto stabilito che, nel primo caso si tratta di “maltrattamenti” mentre nel secondo di “stalking”!
Il divieto di interpretazione analogica delle norme incriminatrici impone di scindere i concetti di “famiglia” da quello di “convivenza” di cui all’art. 572 cod. pen. “quale comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza di affetti implicante reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza, fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell’abitazione, ancorché non necessariamente continuativa”.
Di conseguenza, quando le reiterate condotte moleste e vessatorie siano perpetrate dall’imputato dopo la cessazione della convivenza “more uxorio” con la persona offesa, si configura un reato diverso rispetto allo stesso atteggiamento, che veda come vittima una ex coniuge.
Dunque, si parla di maltrattamenti in famiglia e non di atti persecutori, quando le condotte vessatorie nei confronti del coniuge, sorte in ambito domestico, proseguano dopo la sopravvenuta separazione di fatto o legale, in quanto il coniuge resta “persona della famiglia” fino allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, a prescindere dalla convivenza.
La Cassazione ha precisato che la separazione è condizione che non muta lo “status” acquisito con il matrimonio, in quanto dispensa dagli obblighi di convivenza e fedeltà, ma lascia integri quelli di reciproco rispetto, assistenza morale e materiale, ex art. 143, comma 2, cod. civ.
Certo questo tipo di interpretazione collide con l’indirizzo generale che tende ad equiparare diritti e doveri nascenti sia nell’ambito del matrimonio che durante uno stabile rapporto di convivenza.