Sentenza 33212/2024 Corte Cassazione
La Suprema Corte premette che la norma dell’art. 517-ter cod. pen., inerente “Fabbricazione commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale”, è posta a tutela di interessi di natura patrimoniale e privatistica.
L’elemento oggettivo del reato è rappresentato dalla fabbricazione o commercio di beni di uso industriale, con usurpazione del titolo di proprietà esclusivo, che non si identifica con la semplice imitazione dei prodotti originali.
La norma che cita nell’inciso, “potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale”, fa richiamo alla conoscibilità da parte del soggetto attivo dell’esistenza di tali titoli di proprietà industriale.
Per la integrazione del reato è, quindi, indispensabile la conoscenza da parte dell’agente.
La condotta punita consiste anche nella messa in vendita di opere dell’ingegno o di prodotti industriali con marchi o segni distintivi “non contraffatti” ma comunque “idonei ad ingannare il pubblico”.
Il bene giuridico protetto è il turbamento dell’ordine economico derivante dalla messa in circolazione di prodotti con segni mendaci, tali da far sorgere negli acquirenti erronee convinzioni sulle caratteristiche del bene acquistato, in ordine all’origine, alla provenienza ed alla qualità.
La formula è ampia e comprende tutti i segni di identificazione, compresi quelli atipici non registrati, purché siano idonei a trarre in inganno i consumatori.
La fattispecie concerne qualunque opera dell’ingegno o prodotto industriale e l’elemento psicologico è costituito dal dolo generico, consistente nella consapevolezza della mendacità dei segni di distintivi apposti.